Natale? Un nome che non va più bene

Il Natale? Lo chiameremo festa di fine anno. Il linguaggio sia inclusivo

Il Natale? Lo chiameremo festa di fine anno. Il linguaggio sia inclusivo.

Questa è la nuova porcata che l’Istituto europeo di Firenze propone per distruggere quel poco di tradizione occidentale che rimane, ultimo baluardo di difesa dei popoli latini prima della catastrofe.

Si tratta di un comportamento nuovo? No, semplicemente è la storia che si ripete. E si ripete sempre perché l’essere umano non è in grado di imparare dai propri errori, dalle esperienze del passato. Egli vive in continua balia dei tempi che scorrono ciclici, o meglio, spiraloidi.  La sostanza rimane, ma il tempo la riveste di una forma diversa ad ogni ciclo.

E dunque l’umanità è impossibilitata a fare il cosiddetto salto all’ottava superiore, perché non interiorizza mai, nemmeno attraverso il dolore, le esperienze e rimane in balia del fato.

Duemila anni fa l’umanità (almeno in occidente) stava per passare dal Paganesimo al Cristianesimo, che si è imposto alla vecchia religione in tutti i modi possibili: con la forza, con l’inganno, con il denigrare e naturalmente anche con una dottrina che, in fondo, possedeva radici esoteriche ben solide. Tuttavia il passaggio da un Credo all’altro non è stato indolore. Sofferenze, lotte, perdita delle proprie radici è quanto hanno dovuto soffrire i popoli di allora per passare a quello che per noi oggi è la normalità.

Tuttavia il passaggio di allora fu meno traumatico per l’umanità di quanto sta per accadere oggi. Allora si è passati da una forma di culto ad un’altra, che però, pur con tradizioni diverse, adorava le stesse divinità.

Pensiamo al Natale che si chiama cosi perché celebra la nascita del Cristo. I Pagani celebravano il Sole nascente che, dal momento di maggior buio (21 dicembre – solstizio d’inverno) tornava a crescere. Cambia nome, ma rimane la festività.

Oggi invece, al tramonto dell’attuale civiltà per far spazio ad un abominio senza Dio come quello che ci viene proposto costantemente, cosa vediamo? Che il nome col quale l’occidente ricorda il Salvatore, deve essere inclusivo. Cioè dobbiamo scordarci un evento religioso della portata come quella della nascita del Cristo, o astronomico come il solstizio d’inverno perche le tradizioni sono pericolose. Sostituiamo questa memoria atavica con qualcosa che non è altro che una convenzione umana: il nuovo anno. Il fatto che il primo giorno di gennaio sia oggi considerato l’inizio di un anno è stato un altro grandioso colpo voluto dalle forze del male che sono riuscite a stabilire un ciclo iniziale sulla base di un niente in gradi di influenzare il mondo intero. Niente infatti accade sotto il profilo astrologico, o magico, o religioso il primo giorno di gennaio.

E non pensiamo che siano pressioni esterne a volere questo cambiamento. Non è un “attacco da fuori”. E’ qualcosa che si verifica dall’interno. E’ una implosione della civiltà che, perse le basi sulla quale si fondava, collassa su se stessa. Dalle colossali macerie che ne deriveranno potrà nascere una cultura nuova. Che non sarà naturalmente quella proposta dagli emissari terreni del Male, ma completamente nuova. E non certo frutto dell’esperienza fatta. L’uomo non impara mai. Ma frutto di un ciclo cosmico che termina e quello di uno nuovo che ha inizio.

La mia generazione è fortunata (come diceva un grande Maestro e Mago), perché vedrà l’inizio dei nuovi tempi. Speriamo solo che questa nuova età dell’Oro dell’umanità possa davvero ritrovare i collegamenti col cielo che, nei millenni, ha perso a favore dell’imbastardimento dentro la materia.

Chi siamo Paolo Cainelli

Paolo Cainelli, appassionato e studioso di Astrologia e Materie esoteriche. Organizza serate e corsi a tema astrologico, realizza amuleti secondo la tecnica e gli insegnamenti egizi, legge i Tarocchi

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